Fragmentum Trium Dialogorum
Pauli Jovii Episcopi Nucerini
Quos in Insula Ænaria a claude urbis receptus conscripsit. [1]
Dialogus de viris litteris illustribus,
Cui in calce sunt additæ Vincii, Michaelis Angeli, Raphaelis
Urbinatis Vitæ.
Leonardi Vincii
Vita.
Leonardus e
Vincio ignobili Etruriæ vico magnam picturæ addidit claritatem, negans eam ab iis
recte posse tractari, qui disciplinas nobilesque antes veluti necessario picturæ
famulantes non attigissent, plasticem ante alia penicillo præponebat, velut
Archetypum ad planas imagines exprimendas. Optices vero præceptis nihil antiquius duxit, quorum subsidiis fretus
luminum ac umbrarum rationes [2] vel in minimis custodivit. Secare quoque noxiorum hominum
cadavera in ipsis medicorum scholis inhumano fœdoque labore didicerat, ut varii membrorum flexus et conatus ex vi
nervorum vertebrarumque naturali ordine pingerentur. Propterea particularum
omnium formas in tabellis, usque ad exiles venulas, interioraque ossium, mira
solertia figuravit, ut ex eo tot annorum opere [3] ad artis utilitatem typis æneis
excuderentur.
Sed dum in quærendis
pluribus angustæ artis adminiculis morosius vacaret, paucissima opera, levitate
ingenii, naturalique fastidio, repudiatis semper initiis absolvit. In admiratione
tamen est Mediolani in pariete Christus cum discipulis discumbens, cujus operis
libidine adeo accensum Ludovicum Regem fuerunt, ut anxie spectando proximos interrogarit,
an circumciso pariete tolli posset, ut in Galliam vel diruto eo insigni cœnaculo
asportaretur. Extat et infans Christus in tabula cum Matre Virgine Annaque una
colludens, quam Franciscus Rex Galliæ cœptam in sacrario collocavit. Manet
etiam in Comitio Curiæ Florentinæ pugna atque victoria de Pisanis præclare
admodum, sed infeliciter inchoata vitio tectorii colores juglandino oleo intritos
singulari contumacia respuentis. Cujus
inexpectatæ [4] justissimus dolor interrupto operi gratiæ plurimum
addidisse videtur. Finxit etiam ex argilla colosseum equum Ludovico Sfortiæ, ut ab co
pariter æneus superstante Francisco patre illustri Imperatore funderetur, in
cujus vehementer incitati ac anhelantis habitu et statuariæ artis et rerum
naturalium eruditio summa prehenditur. Fuit ingenio valde comi, nitido,
liberali, vultu autem longe venustissimo, et cum elegantiæ omnis delitiarumque
maxime theatralium mirificus inventor ac arbiter esset, ad lyramque scite,
caneret, cunctis per omnem ætatem Principibus mire placuit. Sexagesimum et septimum
agens annum in Gallia vita functus est, eo majore amicorum luctu, quod in tanta
adolescentium turba, qua maxime officina ejus florebat, nullum celebrem
discipulum reliquerit.
* * * * *
Parte dei Tre Dialoghi di
Paolo Giovio Vescovo di Nocera
Scritti nell’Isola d’Ischia ove si era rifugiato dopo il sacco di
Roma.
Dialogo sugli uomini illustri nella Letteratura,
Cui sono aggiunte in calce le vite di Leonardo, Michelangelo,
Raffaello urbinate.
Leonardo da Vinci
Vita.
Leonardo, originario di un
insignificante paese della Toscana, raggiunse grande fama con la pittura e
negava che essa potesse esser fatta bene da coloro che non avessero acquisito
regole certe e nobili conoscenze di base come necessari piedestalli della
pittura. Egli anteponeva la ricerca della plasticità agli altri obiettivi del
pennello. Era l’archetipo per poter rendere bene le immagini su una superficie
piana. Nell’ottica non si rifece a nessuna regola precedente. Basandosi su
queste conoscenze curò al massimo grado la potenza della luce e la disposizione
delle ombre.
Si diceva che sezionasse pure i
cadaveri dei giustiziati, che era un lavoro sgradevole ed inumano persino nelle
aule mediche, perché voleva che fossero riprodotte con naturalezza le varie
posizioni delle membra ed il movimento che deriva dalla forza dei muscoli e
delle vertebre.
Perciò fu in grado di raffigurare
con mirabile bravura le immagini di tutti i particolari, fino alle esili vene
ed all’interno delle ossa così che da questa opera di studio durata molti anni
a favore dell’arte potessero essere forgiate figure di bronzo.
Ma mentre la sua opera veniva richiesta
da molti, a causa di un carattere instabile e di una naturale tendenza a
stancarsi presto delle opere iniziate, dopo aver ripudiato gli inizi dei lavori
intrapresi, portò a termine pochissime opere.
Si può tuttavia ammirare in Milano
un affresco raffigurante Cristo a cena con i discepoli, opera assai apprezzata
e desiderata da Re Ludovico tanto da chiedere a chi gli stava attorno, mentre
la guardava con cupidigia, se fosse possibile staccare il dipinto dalla parete
per portarlo in Francia o se si distruggeva l’insigne cenacolo.
Merita menzione un quadro
raffigurante Gesù bambino in atteggiamento giocoso con la Madonna e S. Anna, dipinto
che Francesco re di Francia collocò, dopo averlo acquistato, in una chiesa.
Rimane inoltre nella sala
consigliare di Firenze una rappresentazione oltremodo apprezzabile di una
battaglia vinta contro i pisani. Purtroppo fu iniziata in modo infelice
malgrado ci fosse un difetto di tenuta del colore sugli intonaci che non
legavano con i colori miscelati con olio di noce. Il comprensibilissimo dolore
per questo inaspettato avvenimento sembra aver aggiunto all’opera ulteriore
bellezza.
Leonardo modellò nella creta una
grande statua equestre di Ludovico Sforza, così che si potesse trarre da essa
una statua bronzea dell’illustre Francesco, padre dell’imperatore, a cavallo e in questa statua sono presenti tutte le virtù e la
conoscenza tanto della anatomia che dell’arte statuaria.
Leonardo fu un uomo di grande
ingegno, lucidità mentale, liberalità, di bellissimo aspetto ed essendo grande
creatore ed arbitro di eleganza e di tutti i piaceri, in particolare di quelli teatrali, musicale e per il
canto, piacque per tutto il suo tempo ai potenti.
Morì a 67 anni in Francia con tanto
maggior lutto degli amici dovuto al fatto che, pur con tanti allievi presenti
nel suo studio, non ne lasciò nessuno di eccellente. [5]
[1] Il celebre Paolo
Giovio, dopo il funesto sacco di Roma del 1527, ritirossi per qualche tempo
nell’isola d’Ischia, detta latinamente Ænaria, e ivi, a
sollievo delle disgrazie da lui sofferte, scrisse tre Dialoghi, uno su’ famosi
Generali, il secondo sugli Uomini dotti, il terzo sulle Matrone più celebri
dell’età sua. Questi insieme con altre opere di esso conservatisi in Como
presso il ch. sig. co. Giambattista Giovio che fino da’ giovanili suoi anni ha
fatto conoscere il suo ingegno e la sua erudizione. Egli mi trasmise
cortesemente copia del secondo, benchè mancante del principio e del fine, come
cosa adattata all’argomento di questa mia Storia; e io il pubblicai nella prima
edizione insieme colle Giunte e colle Correzioni dell’opera, perché non erami
giunto più presto. Or mi è sembrato che fosse luogo più opportuno a pubblicarlo
in questo volume, come supplemento alla storia del xvi secolo, e come del genere stesso del poemetto dell’Arsilli.
[2] Diligentissime.
[3] Infinita exempla.
[4] Injuriæ.
[5] Ringrazio Antonio Thiery e Piero Tisato
per il loro contributo nella traduzione dal latino all’italiano.
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