mario
cianchi
Le macchine
di Leonardo
Becocci Editore
Firenze 1984
le
invenzioni
Il mito di Leonardo anticipatore geniale di tutte
le scoperte e le invenzioni del nostro tempo nasce dalla sua stessa misteriosa
figura e, comprensibilmente, dalla prima, spontanea considerazione di chiunque
si trovi di fronte ai disegni tecnologici o ai modelli delle sue macchine. La
propaganda del “genio italico”, avviata con l’esposizione leonardesca di Milano
del 1939, vi ha poi contribuito in maniera determinante insieme al più recente
confezionamento di un’immagine commerciale che ha avuto un indiscusso successo
tra il grosso pubblico.
In realtà non si può dire però che tutte le
macchine e le “invenzioni” di Leonardo sono il prodotto del suo genio originale
e fecondo; e per convincersene basterà leggere quanto Ruggero Bacone scriveva
in pieno xiii secolo nella lontana
Inghilterra: «... si possono costruire mezzi per navigare senza rematori, sì
che navi grandissime fluviali o marittime possano correre guidate da un solo
nocchiero più velocemente che se fossero piene di uomini. Si possono poi
costruire carri che si muovano senza cavalli, per una forza mirabile. E penso
che di questo genere fossero quei carri falcati con i quali combattevano gli
antichi. Si possono poi costruire macchine per volare, fabbricate in maniera
che l’uomo, stando al centro della macchina, la manovri con qualche congegno
che permetta alle ali costruite ad arte di battere l’aria come fanno gli
uccelli quando volano. E così pure si può costruire un argano di piccole
dimensioni che possa alzare ed abbassare pesi quasi infiniti... si possono
anche costruire congegni per camminare sui mari e sui fiumi, e toccarne
addirittura il fondo senza correre alcun pericolo. E di questi strumenti fece
indubbiamente uso Alessandro Magno per esplorare il fondo marino, secondo
quanto narra l’astronomo Etico. È infatti cosa indubitabile che tali strumenti
furono già costruiti nell’antichità e vengono costruiti anche oggi, eccetto
quel solo strumento per volare che né io né gli altri uomini che conosco hanno
mai visto. Ma conosco però un sapiente che ha tentato di realizzare anche
questo strumento. Di tali congegni, possiamo costruirne una quantità quasi
infinita, come ad esempio ponti che vengono gettati sopra i fiumi senza bisogno
di pilastri o sostegni di alcun genere, e macchine ed invenzioni finora
sconosciute».
Tutte le macchine, tutte le “invenzioni”
attribuite al genio di Leonardo vengono qui puntualmente descritte come
appartenenti a una tradizione durata attraverso i secoli e, sulla scia della
nuova tradizione brunelleschiana, certamente ancora viva e operante nella
seconda metà del Quattrocento in esperti ingegneri come il Taccola, Buonaccorso
Ghiberti e Francesco di Giorgio Martini. I trattati militari, gli “zibaldoni”
di conoscenze tecniche e meccaniche, che questi redigevano con
l’accompagnamento di illustrazioni spesso rozze ma efficaci, circolavano con
grande fortuna, e in numero sicuramente assai superiore a quelli pervenutici,
al tempo di Leonardo che li aveva copiati e studiati come dimostrano certi suoi
appunti e memorie.
Insomma si dovrà prendere coscienza, una volta
per tutte, che i disegni tecnologici di Leonardo dipendono spesso dalla lettura
di libri e manoscritti altrui e, in particolare, dall’osservazione
dell’attività che si svolgeva nelle botteghe o dallo scambio di idee con
studiosi e tecnici del suo tempo. Per concludere che, sì, la sua opera di
meccanico ed ingegnere è, per vastità e profondità d’esperienza, davvero unica
e, talvolta, precorritrice ma non certo, come si vorrebbe, un frutto
solitariamente maturato nel deserto.
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