Sala delle Asse, il disegno di Leonardo
riappare sotto strati e strati di intonaco
Il grandioso restauro sta facendo riaffiorare
altri disegni
oltre al Monocromo, la radice incastrata nella
roccia
La sala al primo piano del torrione
nord-est del Castello Sforzesco, è nota come Sala delle Asse, dalle assi di
legno che si ritiene un tempo rivestissero le pareti. Si trattava di un
ambiente importante, in cui ospiti ed ambasciatori erano accolti dagli Sforza.
Per questo motivo, Leonardo Da Vinci, chiamato a Milano da Ludovico Sforza
detto il Moro, realizzò nel 1498 la decorazione pittorica della sala,
impegnandosi a finirla entro pochi mesi. Sala delle Asse – Angolo Sud Leonardo
(probabilmente con il concorso di aiuti) ideò e dipinse sulla volta della sala
un finto pergolato costituito da una serie di rami e da corde dorate e annodate
che si intrecciano. Quasi nessuno poté ammirarla, anzi, forse non fu mai completata:
il Ducato di Milano venne conquistato dai francesi, iniziò un periodo di
decadenza per il Castello che fu trasformato in caserma e la Sala delle Asse fu
adibita a stalla. Sopra la pittura di Leonardo fu steso un intonaco di calce
bianca, rimosso solo alla fine dell’Ottocento. Ma ora, con il restauro
presentato martedì mattina, inaspettatamente alcuni tratti originali del
maestro da Vinci sono riapparsi sotto stati e strati di intonaco.
SETTE STRATI -
«Mediamente sono state individuate sette stratificazioni di scialbatura, ma, in
qualche parte, sono presenti un numero assai più cospicuo di strati, fino a
tredici»: così scrive nella sua relazione l’Opificio delle Pietre Dure di
Firenze, che si occupa del restauro. Alla mano di Leonardo si deve – per comune
ammissione – la pittura murale detta «Monocromo» (realizzata da Leonardo in
carboncino e, quindi, in un solo colore), che rappresenta una grossa radice,
incastrata nella roccia, alla base di uno dei molti alberi frondosi che ornano
la Sala delle Asse: un gigantesco, sorprendente trompe
l’oeil. Di questo intonaco, afferma l’Opd, sono recuperabili ampie
aree e anche le analisi sulla volta, finalizzate a ricostruire l’impianto
compositivo originale, danno «risultati assai interessanti», lasciando sperare
nel recupero di consistenti parti di decorazione originale, «importanti resti
di disegno preparatorio su tutte le pareti». Insomma, ci sono «buone
probabilità» - ha spiegato il sovrintendente dell’Opificio Marco Ciatti - che
la mano di Leonardo sia sulle pareti, nascosta da diversi strati di pittura
sovrapposta nei secoli.
IL RESTAURO - Per
il momento, le prove di scopritura fin qui realizzate sono state svolte
principalmente con mezzi meccanici (bisturi e martelline), ma la particolare
tenacia e aderenza che caratterizza gli strati di pittura sovrapposti,
soprattutto quelli più interni, richiederà l’utilizzo di altre metodologie,
quali ablatori ad ultrasuoni, strumentazioni laser e prodotti chimici. Fin
dall’inizio il progetto del restauro della Sala delle Asse è stato sostenuto da
a2a, cui si è aggiunto poi il contributo di Arcus, Società per lo sviluppo
dell’arte, della cultura e dello spettacolo.
VERO NOME - L’archivista
incaricato delle ricerche, Carlo Catturini, ha anche scoperto il vero nome
della sala nell’epoca di Ludovico il Moro, che non era «Sala delle Asse», come
definita da Beltrami, bensì «Camera dei Moroni»: un evidente riferimento a
Ludovico Sforza, che era detto il Moro non solo per l’incarnato scuro, ma anche
per il lavoro di valorizzazione della produzione della seta, che si basava su
estensive colture del gelso (in latino, appunto, morus).
IL SITO - È stato predisposto
un comune progetto di comunicazione multimediale con HOC-LAB del Politecnico.
Il sito web appositamente creato per permettere al pubblico di seguire il
restauro (www.saladelleassecastello.it) ha un triplice
scopo: fornire informazioni sulla Sala e il suo restauro; offrire informazioni
approfondite agli addetti ai lavori; consentire a tutti di «seguire» il
restauro. Anche perché d’ora innanzi, proprio a causa dei lavori, il Monocromo
di Leonardo e gran parte della Sala non saranno più visibili al pubblico:
dovremo aspettare l’Expo, il 1° maggio 2015 .
22
ottobre 2013
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