sabato 30 agosto 2014

1657, SCANNELLI, Sul Cenacolo vinciano




Si dimostra essere stati Michelangelo Bonarota, e Leonardo da Vinci più immediati di ogni altro Pittore nel merito, e gloria a veri primi capi, che successero maggiormente universali prattici, e più perfetti.

CAP. VI.

Già riconosciuto assai in chiaro, non ostare alla suprema eccellenza di Rafaello, il valore straordinario del Bonarota nella Professione di più compita Pittura, dimostraremo anco di passaggio, che le qualità ammirabili, e singolari di Leonardo da Vinci non apportano reale impedimento, con tutto, che sia da più famosi Scrittori collocato nella scielta de’ più eccellenti Professori, e’l sottilissimo Cardani frà gli altri lo dimostri sopra di tutti qualificato, e perfetto.[1] Attesoche l’essere degnamente commemorato frà i maggiori soggetti della moderna Pittura, come s’è detto, non apporta veruna repugnanza a quelli, che vengono in oltre più esatta pōderazione cōsiderati per far scielta maggiormente al particolare in ordine alla più adequata perfettione de’ più degni Pittori. E se il Cardani nel dimostrare le difficulta, che sono nella formatione di compito Pittore, scielga frà tutt’i moderni Leonardo da Vinci per Maestro maggiormente perfetto, ciò non riuscirà in fine, che sentimento molto ragionevole, ogni volta che lo studiolo si compiacerà ponderare i fondamenti di questa opinione, imperoche calcolato il tempo nel quale vivea il medesimo Cardani, si ritrova non esser facilmente, che riuscito coetaneo di Leonardo da Vinci, e forsi anco riconosciutisi per vista, e prattica in occasione d’essersi trattenuto non poco il famosissimo Pittore in Milano per operare il tanto celebrato Cenacolo, & altre cose in detta Città patria d’esso Cardani che era stimato in particolare a quei giorni sopra d’ogni altro, non essendosi per anco osservate l’opere de’ successori più prattici, & adequati; e perciò non segue, che si venga punto a levare all’opere de’ susseguenti Maestri, le quali appaiono per testimonio infallibile di prima, e suprema eccellenza: ancorche si riconosca in fatti, che lo stesso Leonardo non fosse in quei tempi che la vera regola della più rara perfettione.
Al cui proposito sarà forsi a grado l’inserir qui qual sia l’opera di così rinomato Cenacolo; sendo che si ritrova talmente viva la memoria appresso d’ogni Professore, e gustoso di questa virtù, che la straordinaria fama di tal nome pare, che per se stessa sia sufficiente per far conoscere il migliore frà gli operati del famosissimo Maestro, & un raro prodigio della buona Pittura; di maniera tale, che io in estremo stimolato dal commune grido de’ virtuosi, bramoso in ogni tempo d’incontrare le maggiori eccellenze di tal Professione sino dell’anno 1642. partij di Romagna per godere una tal’opera, come nel centro di Lombardia i più rari dipinti d’Antonio da Correggio, e perciò mi portai sino a Milano, dove appena giunto, reso impatiente discoprire gli effetti straordinarj del commendatissimo Cenacolo, tantosto m’avanzai nel Refettorio de’ Padri Predicatori per ristorar una tanta avidità, e posso attestare in tal caso, che in riguardo d’incontro inaspettato mi restasse il gusto in estremo instupidito, scoprendo opera tale non conservare, che poche vestigia nelle figure, e con modo così confuso, che a gran fatica potei distinguere la già stata historia, e le teste, come mani, e piedi, ed altre parti ignude con chiari, lividi, e meze tinte, ritrovai quasi affatto anichilate, & al presente stimo non siano, che del tutto estinte, e le figure per lo più dal muro divise. & in parte fatte oltra modo oscure davano a conoscere le buone reliquie d’opera gia resa del tutto inutile, non restando al riguardante hormai, che il credere alla buona fama del passato. E mi potrei anco rammaricare di non haver procurato una tal vista qualche tempo avanti per ritrovarlo di bramata conservatione, quando nel leggere Autore del secolo passato[2] non havessi sentito in questo caso le seguenti parole. Vidi nel Refettorio delle Gratie di Milano ad oglio dipinto il Cenacolo di Leonardo da Vinci mezo guasto, benche bellissimo. E però non pensavo, che indarno di ritrovare in buon stato l’opera, la quale un secolo prima non era che in parte rovinata. Dove dopo haver considerata la causa di così inaspettata vista, ritrovando opere non poche di Pittura, le quali, se bene fatte molti anni prima, si mostrano però di miglior conservatione, in modo che in questo caso non conobbi potersi accusare verisimilmente, che la particolar maniera, con la quale sono fabbricate opere di tal sorte, essendo cosa manifesta, che il solo dipinto a fresco massime sopra a muri, come in luogo più adequato, e proprio, riuscire anco di maggior durata, e più maestrevole, & ad ogni vista apparente, e ciò lo fa conoscere continuamente la sperienza vera maestra, che l’imprimiture sopra muri, come olj, colle, tempre, e simili per l’ordinario non s’incorporano a proprtione, mà bene spesso s’arrestano nella sola superficie, e talhora anco col troppo dell’efficacia violentano il composto, e poscia ne nasce la rottura in quel dipinto, che viene per lo più a separarsi dal muro, il quale fabbricato allo spesso in tempo differente, per lo più non riceve, che nella parte puramente esteriore, ed anco inegualmente la propria impressione, così alle volte trasmette poscia col tempo all’estremo la soverchia humidità, che si ritrovava all’interno, dimostrandosi su’l principio alcune vestigia in guisa di bianca rugiada, che vengono detti i fiori, i quali riescono in fatti sicuri preludj per la futura estintione de’ più perfetti frutti, e se a caso un tal composto si ritroverà confirmato nella soverchia siccità, attratta in breve dall’eccedente secco, l’humidità de’ colori vengonsi in un tal modo ad essiccare le parti sottili; siche svaniti i chiari, come lumi, lividi, e meze tinte, dopo non rimane, che il tutto in preda all’oscurità, e dato ancora, che l’inegualità delle materie componenti il misto vengano frà di loro cō gli eccessi a contrariarsi, e caso superi per accidente il caldo l’opposte qualità, sono abbandonate le parti continue dall’humido glutinoso, onde si costringono in se stesse, e si separano frà di loro, & in somigliante maniera resta parimente offesa in breve la superficie dalle crepature, le quali cose pare, che verisimilmente si possino stimare cause concorrenti nella ruina di cosi eccellente operatione, dimostrando in fatti la ragione, e prattica non essere il più proprio, ed eterno dipinto di quello, che vien fatto sopra muri, detto communemente a fresco nella fabbrica ben stagionata, dove siano le mura composte ad un tempo con materia eguale, e temperata da Maestro sufficiente, il quale procuri in tempo opportuno dar la calce sottile, ed uniforme, di già preveduto il luogo di sufficiente humidità.
Intanto per qual cagione si possa probabilmente credere, che un tal virtuoso, come ne dimostrano gli effetti, venisse a dipingere ad olio sopra muri, e non a fresco con modo molto più degno, e confacevole; si dovrà dire non altronde derivasse, che per non essere a quei giorni gran fatto in uso il dipingere a fresco, ed anco in risguardo dell’Artefice, che non si ritrovava col gusto la prattica, e conveniente risolutione per un tal modo d’operare, il che dopo, come ne diedero a conoscere i chiari effetti dell’opere, vennero ad ottenere i più prattici, e compiti susseguenti Maestri, con altri del prossimo, ed immediato secolo nel dipingere maggiormente risoluti, raccogliendosi per autentica di ciò da gli Scrittori di Pittura,[3] che Leonardo da Vinci, in guisa dell’antico Protogene, fosse nell’operare di così intensa applicazione, che vogliano ad esso per lo più mancasse il tempo, e non già mai lo studio, e brama di ridurre il tutto in ordine all’intenta perfettione.
Quindi è, che per lo più sentiamo non restasse egli pago della propria operatione, mentre asseriscono unitamente, che si dimostrasse nel dipingere non poco irresoluto lungo, ed insatiabile, massime nella straordinaria del mentuato Cenacolo, non havendo che concepito idee di somma bellezza, e per molti rispetti all’esprimere difficultose, non poteva per conseguenza, che riuscir tarda, e come infinita una cotal effettuatione, e però risolse dipingere ad olio, che in ordine al ragionevole, ed a quello ne dimostra particolar Scrittore della Professione.[4] Si possono opere simili maggiormente perfettionare, mediante l’unione delle tinte, mà però conclude, essere il fresco più espediente, come quello, che si fa con maggior prestezza, concetto, e durevolezza. Dove il medesimo Leonardo prudentissimo al solito nella Pittura, come in riguardo di riconoscere i proprj talenti, potrassi credere, che sciegliesse l’operare ad olio per haver tempo d’esprimere a forza di giudicioso studio, oltre l’altre sufficienze, che stimava di necessita convenire anco i proprj affetti per animare a tutto potere con più esatto compimento la bella Pittura.
Con tutto ciò, se poi i susseguenti principali, e maggiori Maestri riuscissero anco di vantaggio, e con maggior prattica; l’opere in copia, & in ogni maniera dipinte, hanno lasciato la chiara evidenza del tutto; ed io nel ritorno di Milano, fermato in varj luoghi, massime nella Città di Parma, e Modana, hebbi occasione di vedere con mio gran contento l’opere maravigliose d’Antonio da Correggio, & in particolare in Parma nella maggior Cuppola del Duomo, lavorata a fresco le più belle, e maggiori difficultà della Professione, dove si riconosce manifestamente, che hà incontrato a bella posta in opera il singolar Maestro il tutto delle buone, e debite vedute, che possono accadere in occasioni di tal sorte.
[…]






[1] Ariosto con altri citati. Lib. della sottilità ove tratta dell’arti lib. 17.
[2] Gio. Batt. Armenini nel li. de’ precetti di Pittura, ove tratta, come gli Antichi dipingevano i Refettorij.
[3] Lumazzi, Vasari, e Burghini sudetti.
[4] Paolo Pino nel Dialogo a’ Lettori.











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