martedì 23 settembre 2014

1919 - ANTONINI, Recensione allo scritto di Sigmund Freud



Freud doct. Sigmund, (University of Vienna), Leonardo da Vinci. A psychosexual study of an infantile reminiscence. Translated by A. A. Brill, lecturer in psychoanalysis and abnormal psychology, New Jork University. New Jork, Jard a. Co. 1916; 8°, pagg. 130, con illustrazioni.
Dono dell’ing. J. W. Lieb.


Quest’opera uscì la prima volta nel 1910 a Vienna col titolo: Eine Kindheitserinnerung des Leonardo da Vinci, negli «Schriften zur Angewandten Seelenkunde, hergg. von S. Freud», editi dal Deuticke, fasc. 7°; ebbe prima di questa inglese due traduzioni in russo, una pubblicata a Mosca e una a Pietroburgo. Si tratta di un libro dalle teorie audaci e strane, che tuttavia la Raccolta non può esimersi dal riassumere. Incompetenti a farlo, ci siamo rivolti al chiaro prof. G. Antonini, direttore del manicomio provinciale di Mombello, il quale gentilmente ha acconsentito a recensire il volume freudiano; e lo preghiamo di gradire i nostri ringraziamenti.

* * *

Leonardo è un genio multiforme e ritmico, ma ciò che lo allontana dai suoi contemporanei è l’aver trasportato la sua attività dall’arte alla scienza, secondo essi con suo danno, è l’esser stato sperimentatore in tempi in cui esistevano solo studi teorici, in modo da dedicare sempre minor studio all’arte e da far loro apparire la sua condotta come un’enigma.
Alcuni ammiratori hanno voluto difenderlo affermando che l’instabilità nella produzione artistica è inerente al carattere dei grandi artisti, tanto è vero che anche l’energico Michelangelo ha lasciato opere incompiute, e, d’altra parte, anche un’opera che può apparire un capolavoro può essere considerata dall’autore come imperfetta rispetto alla sua concezione.
Ma tuttociò non basta a spiegare quanto riscontriamo in Leonardo, il quale assai più che gli altri artisti tradisce lo sforzo penoso nel lavoro, seguito dal completo abbandono. Era proverbiale la sua lentezza nel dipingere e la sua irregolarità, dipingendo egli alle volte per giorni interi anche senza prendere cibo, altri giorni passando poi inoperoso o restando per ore immobile a considerare la propria opera. Così, secondo afferma il Vasari, avrebbe lavorato per anni, senza riuscire a terminarlo, intorno al ritratto di Monna Lisa.
Però, quando si consideri questo modo di lavorare pensando alla straordinaria quantità di ricerche e di studi lasciati dal grande Maestro, si è indotti a credere che esso non sia dovuto a leggerezza o ad incostanza di carattere. La lentezza di Leonardo è un segno di inibizione, è un segno precursore di un definitivo abbandono della pittura.
Il carattere di lui presenta ancora altri tratti insoliti ed apparenti contradizioni. Così egli nelle competizioni per la vita fu sempre remissivo con ognuno, rifiutava la dieta carnea non ritenendo giusto privare gli animali della vita, condannava la guerra e lo spargimento di sangue, ma questa esagerata delicatezza non gli impedì di accompagnare i criminali al patibolo per studiar sul loro volto gli effetti della paura o le contrazioni spasmodiche degli ultimi istanti, né di inventare le armi più crudeli, né di accettare dal Borgia la carica di ingegnere militare. Spesso apparve indifferente al bene e al male o almeno dimostrò di misurarli in modo speciale.
Un biografo che voglia penetrare la vita del suo soggetto non deve trascurare di osservarne l’attività sessuale, che in Leonardo appare ristretta ma piena di significato. Egli mostra una fredda ripugnanza, quale non si potrebbe aspettare in un artista e pittore di ritratti di donna. Ricordiamo questo passo: «L’atto del coito e le membra a quello adoperate son di tanta bruttura che, se non fusse la bellezza de’ volti e li ornamenti delli opranti e la sfrenata disposizione, la natura perderebbe la spezie umana»: (W. An. A. 8 v.). Le sue opere, anche quando tratta di argomenti semplici, sono caste, mai appaiono ispirate dall’amore; e mentre facilmente gli artisti si abbandonano a fantasie erotiche, egli non ci lasciò che disegni anatomici di organi femminili interni. Chi ben consideri l’esser suo trova legittima la domanda se abbia mai avuto rapporti sessuali con donne. Fu, è vero, accusato di omosessualità con alcuni giovani, ma l’accusa sfumò; e neppure pare si possa parlare di omosessualità in rapporto al suo erede Francesco Melzi e agli altri giovani di cui amava circondarsi.
Poche notizie abbiamo circa la sua gioventù.
Ne’ manoscritti s’incontra solo un accenno alla sua fanciullezza, laddove, parlando del volo dell’avoltoio, ad un tratto si interrompe per ricordare che un giorno, mentre era ancora in culla, un avoltoio piombò su di lui, gli aprì la bocca colla coda e si die a percuoterlo con essa parecchie volte sulle labbra. Ma questo non può essere un ricordo, bensì una fantasia da lui concepita più tardi e riferita alla sua infanzia. Chi la esamini con occhio di psico-analista si sovverrà di aver spesso osservato simile struttura nei sogni, e può tentare di tradurla in parole universalmente intese. La traduzione viene allora a prendere una direzione erotica. Coda è un modo per alludere, in Italia, al membro virile e la posizione della coda dell’avoltoio corrisponde all’idea della «fellatio» l’atto sessuale dell’introdurre il pene nella bocca di altra persona. Questa fantasia inoltre rivelerebbe un carattere passivo simile ai sogni di donne o di omosessuali che assumano la parte di femmine nelle relazioni sessuali. La brama di quell’atto, per quanto considerata pervertimento oltremodo ripugnante, è molto diffusa e, nello stato di orgasmo, sembra perdere il suo carattere disgustoso. I medici incontrano fantasie fondate su questo desiderio anche in donne che non hanno avuto possibilità di rendersi conto del piacere inerente a quell’atto. Un tal pensiero può avere una origine molto innocente nel bambino. Quando viene allattato egli riceve una piacevole impressione dal capezzolo della madre, ma, quando più tardi impara a conoscere quello di vacca, che rassomiglia per aspetto e posizione ad un pene, egli acquista la prima base per formare più tardi una siffatta fantasia sessuale.
Ora possiamo comprendere la causa dell’associazione mnemonica di Leonardo, questa fantasia non rappresentando altro che una piacevole scena da molti grandi pittori rappresentata nella gran Madre col Figlio, e possiamo capire come questa reminiscenza, egualmente significativa per entrambi i sessi, venisse da Leonardo elaborata in una fantasia omosessuale passiva.
Senza entrare in merito alla relazione fra l’omosessualità e l’allattamento materno, va ricordato che la tradizione additava Leonardo come persona di natura omosessuale: poco importa se fosse o no giustificata, poiché non è la reale attività, ma la natura dei sentimenti che ci fa ritenere essere o no omosessuali.
Ma sotto un altro aspetto la incomprensibile natura della fantasia infantile di Leonardo richiama la nostra attenzione. Perché un avoltoio compare a sostituire la madre? Nelle antiche pitture egiziane la madre è rappresentata in forma di avoltoio e gli stessi egiziani adoravano un simbolo divino della maternità che aveva almeno una testa di avoltojo; insomma questo uccello era considerato come un simbolo di maternità pensandosi che in detta specie non esistessero che femmine, concepite dal vento. È ben probabile che Leonardo abbia avuto cognizione di questa favola data la sua vasta cultura, giacché l’antica credenza dell’omosessualità dell’avoltoio non sembra sia stata ignota ai suoi tempi.
L’origine della fantasia dell’avoltoio di Leonardo si può ricostruire così: mentre egli leggeva che in detta specie esiston solo femmine atte a procreare senza il concorso del maschio, una reminiscenza deve essersi risvegliata in lui e, colla rinnovata sensazione del piacere provato al petto materno, trasformata in quella fantasia, la quale in sostanza voleva dire che anch’egli era stato simile ai piccoli avoltoi che hanno madre ma non padre; e infatti tutto fa ritenere che, come figlio illegittimo, abbia passato i primi anni nella casa materna proprio nel tempo in cui si fissano le impressioni e si formano i modi di reagire verso il mondo esterno cosicché nessuna ulteriore esperienza può diminuirne la portata.
Rispetto allo sviluppo della vita psichica si può pensare che l’essersi Leonardo nell’infanzia incontrato in un problema di più (mancanza di padre) degli altri fanciulli, l’abbia portato a ponderarlo con passione, e a divenire così presto un investigatore della vita, inducendolo, per la vaga conoscenza del nesso fra le sue ricerche e la storia della sua infanzia, a quella sua curiosa dichiarazione che doveva occuparsi del volo degli uccelli perché un tempo era stato visitato da un avoltoio nella culla.
Resta a vedere perché questa reminiscenza sia stata elaborata in una situazione omosessuale.
La madre si cambia in un avoltoio che introduce nella bocca del fanciullo la coda equivalente al pene, ma non possiamo comprendere come la fantasia possa fornire questo uccello materno degli attributi della mascolinità. Ma quanti sogni, in apparenza assurdi, hanno rivelato il loro senso! e vorremmo ritenere ciò più difficile in una fantasia infantile che nel sogno?
Presso gli egiziani la Madre divina, col capo di avoltoio, poteva fondersi, nella rappresentazione, con altri divini simboli della maternità senza perdere la propria individualità, e talvolta era rappresentata col petto femmineo e col membro virile in erezione, rivestendo così ad un tempo il carattere materno e il paterno come nella fantasia di Leonardo; della quale possiamo trovare una spiegazione nella teoria sessuale infantile. Infatti, quando il fanciullo maschio comincia a concentrare la propria curiosità sul mistero della vita sessuale, ha un interesse dominante per i propri genitali e non sa comprendere come possano mancare in altre persone alle quali si vede così somigliante; crede che nelle bimbe il pene non sia ancora sviluppato o sia stato loro tagliato come si minaccia di fare a lui se se ne occupa troppo. L’attrazione erotica verso la madre si manifesta nella smania di vedere i suoi genitali che ritiene un pene, e, quando più tardi s’assicura che la donna ne è priva, la smania di vedere spesso si trasforma nel sentimento opposto derivandone l’impotenza psichica, la misogenia e da ultimo l’omosessualità.
A differenza dei tempi nostri nei quali l’attività sessuale è presso molti quasi nascosta, negli antichi tempi i genitali erano considerati orgoglio e speranza del genere umano e davano luogo a molti culti divini: ora, poiché le leggi biologiche ci insegnano che lo sviluppo dell’individuo è la ripetizione dello sviluppo della razza, è probabile che l’attività psicoanalitica del bambino mantenga una tale estimazione dei genitali. Dunque la coda di avoltoio nella fantasia di Leonardo può tradursi così: «Quando diressi la mia tenera curiosità verso mia madre io stimai che ella avesse genitali simili ai miei».
Ma la parte più meravigliosa della fantasia dell’avoltoio è questa che l’atto materno del nutrire col proprio seno si trasmuta in quello di essere nutrito, cioè in una situazione indubbiamente passiva, il che ci fa domandare se questa fantasia non debba accennare a un nesso causale tra i rapporti di Leonardo con sua madre, nella infanzia, e la tardiva manifestazione di omosessualità, anche se solo ideale. Gli studi psicoanalitici sopra soggetti omosessuali hanno dimostrato che tal nesso esiste, ed è un rapporto intimo e necessario. Uomini omosessuali hanno amato mostrarsi come tipi di un terzo sesso costretti a trovare piacere negli uomini non potendolo trovare nelle donne, ma il Freud crede che la psico-analisi possa dimostrare altro. Ogni omosessuale ha provato nella prima infanzia un vero e forte attaccamento erotico per una persona di sesso femminile, di regola per la madre, attaccamento favorito dallo stesso grande amore materno, e ancor più dall’assenza, o indifferenza, del padre. Ma l’amore per la madre non può continuare a svilupparsi consciamente, cosicché finisce per dileguarsi in una reazione. Il ragazzo lo reprime mettendosi al di lei posto, identificandosi con essa e prendendo la propria persona come un modello la cui somiglianza lo guida nella scelta degli oggetti da amare, e così diventa omosessuale; ritorna allo stadio di autoerotismo, perché i ragazzi che, divenuto adulto, egli ama sono solo sostituti della sua personalità infantile, e li ama allo stesso modo che sua madre amò lui. Chi diviene omosessuale a questa maniera conserva, impressa nel subcoscente, la memoria della madre, e, pur respingendo l’amore per essa, lo conserva nel subcoscente e gli resta fedele in avvenire. Quando come amatore cerca i fanciulli, in realtà egli fugge le donne che potrebbero essere causa di infedeltà verso sua madre. Con osservazioni dirette di casi individuali si può provare che chi si mostra reattivo solo verso gli stimoli mascolini è in realtà sensibile al fascino femminile come un individuo normale, solo trasferisce questo stimolo ad un oggetto mascolino ripetendo indefinitamente il meccanismo per il quale è divenuto omosessuale.
Leonardo è sempre apparso un frigido sessuale e le osservazioni fatte possono spiegarci alcune peculiarità del carattere di lui, che altrimenti sarebbero inesplicabili, nei suoi rapporti coi giovanetti di cui si circondava, quantunque, in questo caso, non abbian che fare i motivi sessuali. Egli teneva un diario dove segnava le spese fatte per loro; alcuni commentatori affermano la gentilezza e la cura di lui per i suoi pupilli, ma dimenticano che non è la sua condotta che ha bisogno di spiegazioni, bensì il fatto che egli ce ne abbia lasciato queste testimonianze. Poiché non è possibile credere che egli ci abbia voluto lasciare la prova della sua gentilezza, dobbiamo ricercare un altro movente affettivo.
Nel diario sono pur notate le spese del funerale di sua madre, morta mentre era venuta a trovarlo a Milano.[1] Leonardo riuscì a comprimere la propria natura sotto il giogo delle investigazioni, ma anche in lui sono episodi nei quali la soppressione diviene espressione, e uno di questi è la morte della madre. Con questo conto sulle spese funerarie egli ci mostra il suo dolore con una quasi irriconoscibile sformazione della quale non possiamo renderci conto se la consideriamo secondo i processi mentali ordinari, mentre tali meccanismi ci son famigliari nello stato anormale di neurosi e in ispecie della così detta «neurosi coatta». Qui si vede come l’espressione dei più intensi sentimenti risulti svisata da atti triviali e quasi ridicoli. Le opposte forze riescono a falsare l’espressione di questi sentimenti repressi in modo tale che si è forzati a svalutarne interamente l’intensità; ma l’imperativa compulsione colla quale questi insignificanti atti si esprimono tradisce la reale forza dei sentimenti che sono radicati nell’incosciente, e che il cosciente vorrebbe sconfessare; solo tenendo presente il meccanismo della neurosi coatta si può spiegare il conto delle spese pei funerali della madre. Nel suo incosciente Leonardo era ancora legato a sua madre come nell’infanzia da sentimenti di natura erotica; la resistenza della repressione del suo amore infantile, apparsa più tardi, impedì di erigerle in questo diario un diverso e più degno monumento.
La stessa interpretazione va data ai conti pei giovani scolari; nell’uno e nell’altro caso i pochi residui dei sentimenti di libidine conseguirono una espressione svisata. La madre e i giovanetti, le vere immagini della sua bellezza infantile, sarebbero i suoi oggetti sessuali, in quanto la repressione sessuale che domina la natura di lui ne permette la manifestazione, e la spinta a notare, con una penosa minuziosità, le spese in loro favore ci dà la strana rivelazione del suo rudimentale conflitto. Onde si conclude che la vita amorosa di Leonardo appartiene realmente al tipo della omosessualità.
Dunque la fantasia dell’avoltoio denota l’intensità della spinta erotica del figlio verso la madre. Un altro contenuto mnemonico della fantasia è nell’associazione dell’atto della madre (avoltoio) con la zona della bocca (ricordo dei baci materni).

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Gli artisti possono mostrare nelle loro opere le più segrete sensazioni psichiche anche senza averne essi stessi contezza. Chi esamina le pitture di Leonardo è colpito dal fascinante ed enigmatico sorriso delle sue figure femminili, a cominciare da quello della Gioconda, che ha dato luogo a tante e cosi diverse interpretazioni, e ha indotto taluni a vedervi confusi due diversi elementi, il riserbo e la seduzione, una devota tenerezza e una acuta sensualità. È probabile che durante il lavoro il sorriso di Monna Lisa abbia colpito Leonardo risvegliando qualche cosa ch’era rimasta addormentata nella sua anima per lungo tempo, più probabilmente un’antica reminiscenza, abbastanza forte per attaccarsi a lui una volta risvegliata, e forzarlo a darle sempre nuove espressioni; come si vede nelle altre opere Leonardiane, quali il Giovanni Battista e nelle figure femminili nel quadro della S. Anna. D’onde appare giusto il parere di Pater il quale nella figura di Monna Lisa scorge tutta l’esperienza erotica di un uomo moderno, in quel suo sorriso vede alcun che di sinistro, e pensa che questa immagine siasi concretata fin dalla fanciullezza nei sogni di Leonardo.
Prime opere del Vinci furono teste femminee ridenti e teste di bimbi, il che vuol dire che la sua pratica in arte si iniziò con figure che ci ricordano le due specie di oggetti sessuali derivate dalla fantasia dell’avoltoio: i bimbi, riproduzione di lui stesso fanciullo, e le donne sorridenti, immagine di Caterina sua madre la quale doveva possedere il sorriso affascinante da lui fermato più tardi sul volto di Monna Lisa.
Nel quadro di S. Anna, che si può ritenere contemporaneo a quello della Gioconda, il sorriso leonardesco è mirabilmente ritratto in due teste di donne; e si accorda, dice il Freud, colla sua teoria il fatto che l’assorbimento avvenuto nelle fattezze di Monna Lisa abbia indotto l’artista a trarre dalla sua fantasia la composizione di S. Anna, perché dall’aver rievocato nel sorriso della Gioconda il sorriso della madre sarebbe stato portato a glorificarne la maternità.
La composizione della S. Anna contiene inoltre la sintesi della storia infantile di Leonardo. Come può spiegarsi che S. Anna vi sia rappresentata come una donna giovine al pari della figlia? Questo fatto ha colpito molti critici, ma non ha avuto finora una spiegazione plausibile. La quale il Freud crede d’aver trovato pensando che in quelle due figure rivivono le due madri di Leonardo, la vera e la matrigna Albiera; la figura di S. Anna corrisponde a Caterina; nel suo beato sorriso l’artista dissimula l’invidia provata dalla sfortunata madre costretta a consegnare il figliuolo alla sua, più aristocratica, rivale.
Tutto questo che il Freud fantastica sulla vita sessuale di Leonardo non è, a mio avviso, che una esercitazione della sua metodologia psicoanalitica, deviazione dell’ultima fase degli studi sull’isterìa di Charcot, quando egli stesso ammetteva l’origine rappresentativa dei sintomi isterici. Infatti il Freud con Breuer (93-95) ritennero l’isterismo dipendere sempre da trauma psichico, senza ricordo chiaro e cosciente, ma che agisse dinamicamente con manifestazioni incongrue: i sintomi dell’isterismo. L’ipnotismo, col rendere possibile la suggestione che rievocasse il ricordo e riportasse all’emozione normale, diveniva metodo di cura. La dottrina del Freud è un’esagerazione, un’amplificazione portata fino all’assurdo di questa ipotesi. Così a ricercare l’origine dei fatti morbosi: fobie, ossessioni, azioni coatte; poi delle stesse malattie mentali: demenza precoce, paranoia, psicosi maniaco-depressiva, il Freud ricorse agli elementi psichici dissociati, sepolti nell’incosciente, e diede alla vita sessuale prepubere un valore capitale ed un’estensione tale da farla risalire fino alla nascita.
Per il Freud le prime sensazioni sessuali cominciano dalla primissima infanzia. L’atto del poppare, la minzione, i toccamenti dei genitali darebbero godimenti oscuri, sarebbero, come ironicamente le definisce il Lugaro, «orgie autoerotiche» che poi si placano per ricomparire nella fanciullezza organizzandosi in un ideale erotico omosessuale.
Di qui il Freud trae delle illazioni di una spaventosa portata. Giuocare colla frusta è «sadismo inconscio», commettere azioni che si sappia vengano punite «masochismo inconscio», giuocare colla terra e coi sassi è «coprosilia», soddisfare i bisogni corporali «erotismo uretrale». I sogni poi per Freud rappresentano la realizzazione di un desiderio represso, ogni imagine del sogno viene portata a simbolo sessuale, e qui la fantasia psico-analitica raggiunge veramente l’iperbolico, lo stravagante, è il pansessualismo più spudorato e nauseante.
E il Freud, in antitesi a quello che quanti non ottenebrati da questa ossessione sessuale hanno sempre creduto, e cioè che occorra che il trauma sessuale cada sopra un terreno adatto, la degenerazione, proclama invece vi sia contrasto fra le neuropatie e i pervertimenti sessuali.
Ben di rado il pervertimento sessuale si presenta solo come unico sintomo di degenerazione, ma si accoppia colla deficienza intellettuale, colla immoralità, colla nevrastenia, colle psicosi ossessive ecc.
Basterebbe questo a rendere inconsistente il lavoro del Freud su Leonardo, che fu il più equilibrato, sereno, armonico genio dell’Umanità, fisicamente e psichicamente, spirito armonioso ed universale che ha scrutato le profondità della natura e della vita con la tenacia dello scienziato e ne ha esaltate le bellezze con l’ardore del poeta. Esaminarne l’anima coi procedimenti psico-analitici del Freud è una profanazione, di cui ci siamo resi complici a solo titolo di cronisti.
(Prof. G. Antonini)






[1] Che Caterina sia la madre di Leonardo e, venuta a trovarlo a Milano, sia qui morta, lo dice il Merejkowski, un romanziere, mentre il Solmi ritenne si trattasse di una domestica e in questa ipotesi credo che i più convengano. Lo stesso Freud riconosce che non è prudente fondarsi sull’asserzione d’un romanziere, tuttavia l’accetta perché la ritiene concorde con quanto egli dice di conoscere sull’attività emozionale di Leonardo. Noi non possiamo astenerci dal rilevare come questa e le altre così dette scienze che le somigliano, se, applicando le loro indagini a soggetti vivide presenti, possono conseguire risultati persuasivi, (manca a noi la competenza per metterlo in dubbio), quando quelle indagini proiettano nel passato procedono, e non fa meraviglia, a tentoni, e prendono a base delle loro argomentazioni fatti e dati senza punto sottoporli al vaglio della critica: così il Lombroso accontentavasi talora di conoscere la vita degli uomini de’ quali voleva analizzare il genio da biografie fornitegli dalle più comuni enciclopedie, come provò il Bellezza, e il Freud fonda uno degli essenziali argomenti del suo libro sulla presunzione, non corroborata da alcuna prova, che la Caterina del funerale sia la madre di Leonardo (Ettore Verga).

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