Freud doct. Sigmund, (University of Vienna), Leonardo da Vinci. A psychosexual study of an infantile reminiscence. Translated by A. A. Brill, lecturer in psychoanalysis and abnormal psychology, New Jork University. New Jork, Jard a. Co. 1916; 8°, pagg. 130, con illustrazioni.
Dono dell’ing. J. W. Lieb.
Quest’opera
uscì la prima volta nel 1910 a Vienna col titolo: Eine Kindheitserinnerung des Leonardo da Vinci, negli «Schriften
zur Angewandten Seelenkunde, hergg. von S. Freud», editi dal Deuticke, fasc. 7°;
ebbe prima di questa inglese due traduzioni in russo, una pubblicata a Mosca e
una a Pietroburgo. Si tratta di un libro dalle teorie audaci e strane, che
tuttavia la Raccolta non può esimersi
dal riassumere. Incompetenti a farlo, ci siamo rivolti al chiaro prof. G.
Antonini, direttore del manicomio provinciale di Mombello, il quale gentilmente
ha acconsentito a recensire il volume freudiano; e lo preghiamo di gradire i
nostri ringraziamenti.
* * *
Leonardo
è un genio multiforme e ritmico, ma ciò che lo allontana dai suoi contemporanei
è l’aver trasportato la sua attività dall’arte alla scienza, secondo essi con
suo danno, è l’esser stato sperimentatore in tempi in cui esistevano solo studi
teorici, in modo da dedicare sempre minor studio all’arte e da far loro
apparire la sua condotta come un’enigma.
Alcuni
ammiratori hanno voluto difenderlo affermando che l’instabilità nella
produzione artistica è inerente al carattere dei grandi artisti, tanto è vero
che anche l’energico Michelangelo ha lasciato opere incompiute, e, d’altra
parte, anche un’opera che può apparire un capolavoro può essere considerata
dall’autore come imperfetta rispetto alla sua concezione.
Ma
tuttociò non basta a spiegare quanto riscontriamo in Leonardo, il quale assai
più che gli altri artisti tradisce lo sforzo penoso nel lavoro, seguito dal
completo abbandono. Era proverbiale la sua lentezza nel dipingere e la sua
irregolarità, dipingendo egli alle volte per giorni interi anche senza prendere
cibo, altri giorni passando poi inoperoso o restando per ore immobile a
considerare la propria opera. Così, secondo afferma il Vasari, avrebbe lavorato
per anni, senza riuscire a terminarlo, intorno al ritratto di Monna Lisa.
Però,
quando si consideri questo modo di lavorare pensando alla straordinaria
quantità di ricerche e di studi lasciati dal grande Maestro, si è indotti a
credere che esso non sia dovuto a leggerezza o ad incostanza di carattere. La
lentezza di Leonardo è un segno di inibizione, è un segno precursore di un
definitivo abbandono della pittura.
Il
carattere di lui presenta ancora altri tratti insoliti ed apparenti
contradizioni. Così egli nelle competizioni per la vita fu sempre remissivo con
ognuno, rifiutava la dieta carnea non ritenendo giusto privare gli animali
della vita, condannava la guerra e lo spargimento di sangue, ma questa
esagerata delicatezza non gli impedì di accompagnare i criminali al patibolo
per studiar sul loro volto gli effetti della paura o le contrazioni spasmodiche
degli ultimi istanti, né di inventare le armi più crudeli, né di accettare dal
Borgia la carica di ingegnere militare. Spesso apparve indifferente al bene e
al male o almeno dimostrò di misurarli in modo speciale.
Un
biografo che voglia penetrare la vita del suo soggetto non deve trascurare di
osservarne l’attività sessuale, che in Leonardo appare ristretta ma piena di
significato. Egli mostra una fredda ripugnanza, quale non si potrebbe aspettare
in un artista e pittore di ritratti di donna. Ricordiamo questo passo: «L’atto
del coito e le membra a quello adoperate son di tanta bruttura che, se non
fusse la bellezza de’ volti e li ornamenti delli opranti e la sfrenata
disposizione, la natura perderebbe la spezie umana»: (W. An. A. 8 v.). Le sue
opere, anche quando tratta di argomenti semplici, sono caste, mai appaiono
ispirate dall’amore; e mentre facilmente gli artisti si abbandonano a fantasie
erotiche, egli non ci lasciò che disegni anatomici di organi femminili interni.
Chi ben consideri l’esser suo trova legittima la domanda se abbia mai avuto
rapporti sessuali con donne. Fu, è vero, accusato di omosessualità con alcuni
giovani, ma l’accusa sfumò; e neppure pare si possa parlare di omosessualità in
rapporto al suo erede Francesco Melzi e agli altri giovani di cui amava
circondarsi.
Poche
notizie abbiamo circa la sua gioventù.
Ne’
manoscritti s’incontra solo un accenno alla sua fanciullezza, laddove, parlando
del volo dell’avoltoio, ad un tratto si interrompe per ricordare che un giorno,
mentre era ancora in culla, un avoltoio piombò su di lui, gli aprì la bocca
colla coda e si die a percuoterlo con essa parecchie volte sulle labbra. Ma questo
non può essere un ricordo, bensì una fantasia da lui concepita più tardi e
riferita alla sua infanzia. Chi la esamini con occhio di psico-analista si
sovverrà di aver spesso osservato simile struttura nei sogni, e può tentare di
tradurla in parole universalmente intese. La traduzione viene allora a prendere
una direzione erotica. Coda è un modo per alludere, in Italia, al membro virile
e la posizione della coda dell’avoltoio corrisponde all’idea della «fellatio» l’atto
sessuale dell’introdurre il pene nella bocca di altra persona. Questa fantasia
inoltre rivelerebbe un carattere passivo simile ai sogni di donne o di
omosessuali che assumano la parte di femmine nelle relazioni sessuali. La brama
di quell’atto, per quanto considerata pervertimento oltremodo ripugnante, è
molto diffusa e, nello stato di orgasmo, sembra perdere il suo carattere
disgustoso. I medici incontrano fantasie fondate su questo desiderio anche in
donne che non hanno avuto possibilità di rendersi conto del piacere inerente a
quell’atto. Un tal pensiero può avere una origine molto innocente nel bambino.
Quando viene allattato egli riceve una piacevole impressione dal capezzolo
della madre, ma, quando più tardi impara a conoscere quello di vacca, che
rassomiglia per aspetto e posizione ad un pene, egli acquista la prima base per
formare più tardi una siffatta fantasia sessuale.
Ora
possiamo comprendere la causa dell’associazione mnemonica di Leonardo, questa
fantasia non rappresentando altro che una piacevole scena da molti grandi
pittori rappresentata nella gran Madre col Figlio, e possiamo capire come
questa reminiscenza, egualmente significativa per entrambi i sessi, venisse da
Leonardo elaborata in una fantasia omosessuale passiva.
Senza
entrare in merito alla relazione fra l’omosessualità e l’allattamento materno,
va ricordato che la tradizione additava Leonardo come persona di natura
omosessuale: poco importa se fosse o no giustificata, poiché non è la reale
attività, ma la natura dei sentimenti che ci fa ritenere essere o no
omosessuali.
Ma
sotto un altro aspetto la incomprensibile natura della fantasia infantile di
Leonardo richiama la nostra attenzione. Perché un avoltoio compare a sostituire
la madre? Nelle antiche pitture egiziane la madre è rappresentata in forma di
avoltoio e gli stessi egiziani adoravano un simbolo divino della maternità che
aveva almeno una testa di avoltojo; insomma questo uccello era considerato come
un simbolo di maternità pensandosi che in detta specie non esistessero che
femmine, concepite dal vento. È ben probabile che Leonardo abbia avuto
cognizione di questa favola data la sua vasta cultura, giacché l’antica
credenza dell’omosessualità dell’avoltoio non sembra sia stata ignota ai suoi
tempi.
L’origine
della fantasia dell’avoltoio di Leonardo si può ricostruire così: mentre egli
leggeva che in detta specie esiston solo femmine atte a procreare senza il
concorso del maschio, una reminiscenza deve essersi risvegliata in lui e, colla
rinnovata sensazione del piacere provato al petto materno, trasformata in
quella fantasia, la quale in sostanza voleva dire che anch’egli era stato
simile ai piccoli avoltoi che hanno madre ma non padre; e infatti tutto fa
ritenere che, come figlio illegittimo, abbia passato i primi anni nella casa
materna proprio nel tempo in cui si fissano le impressioni e si formano i modi
di reagire verso il mondo esterno cosicché nessuna ulteriore esperienza può
diminuirne la portata.
Rispetto
allo sviluppo della vita psichica si può pensare che l’essersi Leonardo nell’infanzia
incontrato in un problema di più (mancanza di padre) degli altri fanciulli, l’abbia
portato a ponderarlo con passione, e a divenire così presto un investigatore
della vita, inducendolo, per la vaga conoscenza del nesso fra le sue ricerche e
la storia della sua infanzia, a quella sua curiosa dichiarazione che doveva
occuparsi del volo degli uccelli perché un tempo era stato visitato da un
avoltoio nella culla.
Resta
a vedere perché questa reminiscenza sia stata elaborata in una situazione
omosessuale.
La
madre si cambia in un avoltoio che introduce nella bocca del fanciullo la coda
equivalente al pene, ma non possiamo comprendere come la fantasia possa fornire
questo uccello materno degli attributi della mascolinità. Ma quanti sogni, in
apparenza assurdi, hanno rivelato il loro senso! e vorremmo ritenere ciò più
difficile in una fantasia infantile che nel sogno?
Presso
gli egiziani la Madre divina, col capo di avoltoio, poteva fondersi, nella
rappresentazione, con altri divini simboli della maternità senza perdere la
propria individualità, e talvolta era rappresentata col petto femmineo e col
membro virile in erezione, rivestendo così ad un tempo il carattere materno e
il paterno come nella fantasia di Leonardo; della quale possiamo trovare una
spiegazione nella teoria sessuale infantile. Infatti, quando il fanciullo
maschio comincia a concentrare la propria curiosità sul mistero della vita
sessuale, ha un interesse dominante per i propri genitali e non sa comprendere
come possano mancare in altre persone alle quali si vede così somigliante;
crede che nelle bimbe il pene non sia ancora sviluppato o sia stato loro
tagliato come si minaccia di fare a lui se se ne occupa troppo. L’attrazione
erotica verso la madre si manifesta nella smania di vedere i suoi genitali che
ritiene un pene, e, quando più tardi s’assicura che la donna ne è priva, la
smania di vedere spesso si trasforma nel sentimento opposto derivandone l’impotenza
psichica, la misogenia e da ultimo l’omosessualità.
A
differenza dei tempi nostri nei quali l’attività sessuale è presso molti quasi
nascosta, negli antichi tempi i genitali erano considerati orgoglio e speranza
del genere umano e davano luogo a molti culti divini: ora, poiché le leggi
biologiche ci insegnano che lo sviluppo dell’individuo è la ripetizione dello
sviluppo della razza, è probabile che l’attività psicoanalitica del bambino
mantenga una tale estimazione dei genitali. Dunque la coda di avoltoio nella
fantasia di Leonardo può tradursi così: «Quando diressi la mia tenera curiosità
verso mia madre io stimai che ella avesse genitali simili ai miei».
Ma
la parte più meravigliosa della fantasia dell’avoltoio è questa che l’atto
materno del nutrire col proprio seno si trasmuta in quello di essere nutrito,
cioè in una situazione indubbiamente passiva, il che ci fa domandare se questa
fantasia non debba accennare a un nesso causale tra i rapporti di Leonardo con
sua madre, nella infanzia, e la tardiva manifestazione di omosessualità, anche
se solo ideale. Gli studi psicoanalitici sopra soggetti omosessuali hanno
dimostrato che tal nesso esiste, ed è un rapporto intimo e necessario. Uomini
omosessuali hanno amato mostrarsi come tipi di un terzo sesso costretti a
trovare piacere negli uomini non potendolo trovare nelle donne, ma il Freud
crede che la psico-analisi possa dimostrare altro. Ogni omosessuale ha provato
nella prima infanzia un vero e forte attaccamento erotico per una persona di
sesso femminile, di regola per la madre, attaccamento favorito dallo stesso
grande amore materno, e ancor più dall’assenza, o indifferenza, del padre. Ma l’amore
per la madre non può continuare a svilupparsi consciamente, cosicché finisce
per dileguarsi in una reazione. Il ragazzo lo reprime mettendosi al di lei
posto, identificandosi con essa e prendendo la propria persona come un modello
la cui somiglianza lo guida nella scelta degli oggetti da amare, e così diventa
omosessuale; ritorna allo stadio di autoerotismo, perché i ragazzi che,
divenuto adulto, egli ama sono solo sostituti della sua personalità infantile,
e li ama allo stesso modo che sua madre amò lui. Chi diviene omosessuale a
questa maniera conserva, impressa nel subcoscente, la memoria della madre, e,
pur respingendo l’amore per essa, lo conserva nel subcoscente e gli resta
fedele in avvenire. Quando come amatore cerca i fanciulli, in realtà egli fugge
le donne che potrebbero essere causa di infedeltà verso sua madre. Con
osservazioni dirette di casi individuali si può provare che chi si mostra
reattivo solo verso gli stimoli mascolini è in realtà sensibile al fascino
femminile come un individuo normale, solo trasferisce questo stimolo ad un
oggetto mascolino ripetendo indefinitamente il meccanismo per il quale è
divenuto omosessuale.
Leonardo
è sempre apparso un frigido sessuale e le osservazioni fatte possono spiegarci
alcune peculiarità del carattere di lui, che altrimenti sarebbero
inesplicabili, nei suoi rapporti coi giovanetti di cui si circondava,
quantunque, in questo caso, non abbian che fare i motivi sessuali. Egli teneva
un diario dove segnava le spese fatte per loro; alcuni commentatori affermano
la gentilezza e la cura di lui per i suoi pupilli, ma dimenticano che non è la
sua condotta che ha bisogno di spiegazioni, bensì il fatto che egli ce ne abbia
lasciato queste testimonianze. Poiché non è possibile credere che egli ci abbia
voluto lasciare la prova della sua gentilezza, dobbiamo ricercare un altro
movente affettivo.
Nel
diario sono pur notate le spese del funerale di sua madre, morta mentre era
venuta a trovarlo a Milano.[1]
Leonardo riuscì a comprimere la propria natura sotto il giogo delle
investigazioni, ma anche in lui sono episodi nei quali la soppressione diviene
espressione, e uno di questi è la morte della madre. Con questo conto sulle
spese funerarie egli ci mostra il suo dolore con una quasi irriconoscibile
sformazione della quale non possiamo renderci conto se la consideriamo secondo
i processi mentali ordinari, mentre tali meccanismi ci son famigliari nello
stato anormale di neurosi e in ispecie della così detta «neurosi coatta». Qui
si vede come l’espressione dei più intensi sentimenti risulti svisata da atti
triviali e quasi ridicoli. Le opposte forze riescono a falsare l’espressione di
questi sentimenti repressi in modo tale che si è forzati a svalutarne
interamente l’intensità; ma l’imperativa compulsione colla quale questi
insignificanti atti si esprimono tradisce la reale forza dei sentimenti che
sono radicati nell’incosciente, e che il cosciente vorrebbe sconfessare; solo
tenendo presente il meccanismo della neurosi coatta si può spiegare il conto
delle spese pei funerali della madre. Nel suo incosciente Leonardo era ancora
legato a sua madre come nell’infanzia da sentimenti di natura erotica; la
resistenza della repressione del suo amore infantile, apparsa più tardi, impedì
di erigerle in questo diario un diverso e più degno monumento.
La
stessa interpretazione va data ai conti pei giovani scolari; nell’uno e nell’altro
caso i pochi residui dei sentimenti di libidine conseguirono una espressione
svisata. La madre e i giovanetti, le vere immagini della sua bellezza infantile,
sarebbero i suoi oggetti sessuali, in quanto la repressione sessuale che domina
la natura di lui ne permette la manifestazione, e la spinta a notare, con una
penosa minuziosità, le spese in loro favore ci dà la strana rivelazione del suo
rudimentale conflitto. Onde si conclude che la vita amorosa di Leonardo
appartiene realmente al tipo della omosessualità.
Dunque
la fantasia dell’avoltoio denota l’intensità della spinta erotica del figlio
verso la madre. Un altro contenuto mnemonico della fantasia è nell’associazione
dell’atto della madre (avoltoio) con la zona della bocca (ricordo dei baci
materni).
* * *
Gli
artisti possono mostrare nelle loro opere le più segrete sensazioni psichiche
anche senza averne essi stessi contezza. Chi esamina le pitture di Leonardo è
colpito dal fascinante ed enigmatico sorriso delle sue figure femminili, a
cominciare da quello della Gioconda, che ha dato luogo a tante e cosi diverse
interpretazioni, e ha indotto taluni a vedervi confusi due diversi elementi, il
riserbo e la seduzione, una devota tenerezza e una acuta sensualità. È probabile
che durante il lavoro il sorriso di Monna Lisa abbia colpito Leonardo
risvegliando qualche cosa ch’era rimasta addormentata nella sua anima per lungo
tempo, più probabilmente un’antica reminiscenza, abbastanza forte per
attaccarsi a lui una volta risvegliata, e forzarlo a darle sempre nuove
espressioni; come si vede nelle altre opere Leonardiane, quali il Giovanni
Battista e nelle figure femminili nel quadro della S. Anna. D’onde appare
giusto il parere di Pater il quale nella figura di Monna Lisa scorge tutta l’esperienza
erotica di un uomo moderno, in quel suo sorriso vede alcun che di sinistro, e
pensa che questa immagine siasi concretata fin dalla fanciullezza nei sogni di
Leonardo.
Prime
opere del Vinci furono teste femminee ridenti e teste di bimbi, il che vuol
dire che la sua pratica in arte si iniziò con figure che ci ricordano le due
specie di oggetti sessuali derivate dalla fantasia dell’avoltoio: i bimbi,
riproduzione di lui stesso fanciullo, e le donne sorridenti, immagine di
Caterina sua madre la quale doveva possedere il sorriso affascinante da lui
fermato più tardi sul volto di Monna Lisa.
Nel
quadro di S. Anna, che si può ritenere contemporaneo a quello della Gioconda,
il sorriso leonardesco è mirabilmente ritratto in due teste di donne; e si
accorda, dice il Freud, colla sua teoria il fatto che l’assorbimento avvenuto
nelle fattezze di Monna Lisa abbia indotto l’artista a trarre dalla sua
fantasia la composizione di S. Anna, perché dall’aver rievocato nel sorriso
della Gioconda il sorriso della madre sarebbe stato portato a glorificarne la
maternità.
La
composizione della S. Anna contiene inoltre la sintesi della storia infantile di
Leonardo. Come può spiegarsi che S. Anna vi sia rappresentata come una donna
giovine al pari della figlia? Questo fatto ha colpito molti critici, ma non ha
avuto finora una spiegazione plausibile. La quale il Freud crede d’aver trovato
pensando che in quelle due figure rivivono le due madri di Leonardo, la vera e
la matrigna Albiera; la figura di S. Anna corrisponde a Caterina; nel suo beato
sorriso l’artista dissimula l’invidia provata dalla sfortunata madre costretta
a consegnare il figliuolo alla sua, più aristocratica, rivale.
Tutto
questo che il Freud fantastica sulla vita sessuale di Leonardo non è, a mio
avviso, che una esercitazione della sua metodologia psicoanalitica, deviazione
dell’ultima fase degli studi sull’isterìa di Charcot, quando egli stesso
ammetteva l’origine rappresentativa dei sintomi isterici. Infatti il Freud con
Breuer (93-95) ritennero l’isterismo dipendere sempre da trauma psichico, senza
ricordo chiaro e cosciente, ma che agisse dinamicamente con manifestazioni
incongrue: i sintomi dell’isterismo. L’ipnotismo, col rendere possibile la
suggestione che rievocasse il ricordo e riportasse all’emozione normale,
diveniva metodo di cura. La dottrina del Freud è un’esagerazione, un’amplificazione
portata fino all’assurdo di questa ipotesi. Così a ricercare l’origine dei
fatti morbosi: fobie, ossessioni, azioni coatte; poi delle stesse malattie
mentali: demenza precoce, paranoia, psicosi maniaco-depressiva, il Freud
ricorse agli elementi psichici dissociati, sepolti nell’incosciente, e diede
alla vita sessuale prepubere un valore capitale ed un’estensione tale da farla
risalire fino alla nascita.
Per
il Freud le prime sensazioni sessuali cominciano dalla primissima infanzia. L’atto
del poppare, la minzione, i toccamenti dei genitali darebbero godimenti oscuri,
sarebbero, come ironicamente le definisce il Lugaro, «orgie autoerotiche» che
poi si placano per ricomparire nella fanciullezza organizzandosi in un ideale
erotico omosessuale.
Di
qui il Freud trae delle illazioni di una spaventosa portata. Giuocare colla
frusta è «sadismo inconscio», commettere azioni che si sappia vengano punite
«masochismo inconscio», giuocare colla terra e coi sassi è «coprosilia»,
soddisfare i bisogni corporali «erotismo uretrale». I sogni poi per Freud
rappresentano la realizzazione di un desiderio represso, ogni imagine del sogno
viene portata a simbolo sessuale, e qui la fantasia psico-analitica raggiunge
veramente l’iperbolico, lo stravagante, è il pansessualismo più spudorato e
nauseante.
E
il Freud, in antitesi a quello che quanti non ottenebrati da questa ossessione
sessuale hanno sempre creduto, e cioè che occorra che il trauma sessuale cada
sopra un terreno adatto, la degenerazione, proclama invece vi sia contrasto fra
le neuropatie e i pervertimenti sessuali.
Ben
di rado il pervertimento sessuale si presenta solo come unico sintomo di
degenerazione, ma si accoppia colla deficienza intellettuale, colla immoralità,
colla nevrastenia, colle psicosi ossessive ecc.
Basterebbe
questo a rendere inconsistente il lavoro del Freud su Leonardo, che fu il più
equilibrato, sereno, armonico genio dell’Umanità, fisicamente e psichicamente,
spirito armonioso ed universale che ha scrutato le profondità della natura e
della vita con la tenacia dello scienziato e ne ha esaltate le bellezze con l’ardore
del poeta. Esaminarne l’anima coi procedimenti psico-analitici del Freud è una
profanazione, di cui ci siamo resi complici a solo titolo di cronisti.
(Prof. G. Antonini)
[1] Che Caterina sia la madre di Leonardo e,
venuta a trovarlo a Milano, sia qui morta, lo dice il Merejkowski, un
romanziere, mentre il Solmi ritenne si trattasse di una domestica e in questa
ipotesi credo che i più convengano. Lo stesso Freud riconosce che non è
prudente fondarsi sull’asserzione d’un romanziere, tuttavia l’accetta perché la
ritiene concorde con quanto egli dice di conoscere sull’attività emozionale di
Leonardo. Noi non possiamo astenerci dal rilevare come questa e le altre così
dette scienze che le somigliano, se, applicando le loro indagini a soggetti
vivide presenti, possono conseguire risultati persuasivi, (manca a noi la
competenza per metterlo in dubbio), quando quelle indagini proiettano nel
passato procedono, e non fa meraviglia, a tentoni, e prendono a base delle loro
argomentazioni fatti e dati senza punto sottoporli al vaglio della critica:
così il Lombroso accontentavasi talora di conoscere la vita degli uomini de’
quali voleva analizzare il genio da biografie fornitegli dalle più comuni
enciclopedie, come provò il Bellezza, e il Freud fonda uno degli essenziali
argomenti del suo libro sulla presunzione, non corroborata da alcuna prova, che
la Caterina del funerale sia la madre di Leonardo (Ettore Verga).
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